Buongiorno! Oggi vi parlo di una serie Netflix. Non di politica.
La serie si chiama Heartstopper, tratta dall’omonima webcomic della scrittrice inglese Alice Oseman. Di che cosa tratta questa serie? I protagonisti sono Charlie, interpretato da Joe Locke e Nick, interpretato da Kit Connor. Il primo è alla sua prima esperienza da attore. Il secondo ha iniziato già da bambino. Si tratta del racconto di come un’amicizia sui banchi di scuola tra adolescenti si evolve in qualche cosa di più, una relazione amorosa. Insomma, nulla di nuovo direte. Ebbene, non è così. La storia ha almeno tre punti che reputo peculiari:
- Si racconta una storia tra adolescenti, in un contesto di adolescenti e con attori più o meno di quell’età. I protagonisti hanno rispettivamente 19 e 18 anni, anche se interpretano un 15enne ed un 16enne. Si tratta di episodi brevi, della durata di 30 minuiti l’uno, che trattano questioni complesse con una delicatezza che è quasi commovente: non c’è solo la storia di un amore tra un ragazzo gay e uno bisessuale, anche questa una sfumatura speciale perché di bisessualità si parla poco in questi ambiti, ma anche tra due ragazze lesbiche e c’è la storia di una persona transgender. I vari piani si intrecciano e dove non c’è l’amore come tema, c’è l’amicizia, vero punto di forza di ogni relazione umana. Il risultato è una narrazione molto intensa, profonda e allo stesso tempo leggera. Dal punto di vista tecnico la sovrapposizione con le grafiche animate che appaiono per evidenziare particolari momenti e sentimenti, come i cuoricini, le scariche elettriche o le foglie sollevate dal vento aggiunge un tono fiabesco e romantico che personalmente mi ha molto coinvolto nella storia che stavo guardando. Per altro ho scoperto che l’autrice di queste grafiche è italiana.
- Un ulteriore elemento è dato dal contesto dei rapporti sociali in cui i protagonisti sono immersi: il ruolo della famiglia è descritto come positivo e supportivo, la madre di Nick, l’attrice premio Oscar Olivia Coleman è il prototipo della madre che ogni ragazzo LGTBQ+ vorrebbe avere, come il padre e la sorella di Charlie, figure più schive, ma altrettanto positive e importanti. Purtroppo sappiamo che questo nella realtà non accade sempre, anzi: proprio la famiglia è per molte persone LGTBQ+ un ostacolo difficile da superare. Che la narrazione invece metta in evidenza il potenziale positivo delle famiglie e dei genitori lo trovo molto importante e motivante. Lo stesso vale per il ruolo dell’insegnante che aiuta Charlie nella fase del coming-out forzato a cui è stato costretto a scuola dai compagni. La dimensione del bullismo emerge in modo forte, così come il rischio che si possano vivere relazioni tossiche e negative, come esprime il rapporto con l’altro compagno di scuola, Ben. Nonostante la durezza del tema, e la drammaticità, ancora una volta la narrazione resta positiva e delicata.
- Infine, ultimo punto che vorrei evidenziare, tra i tanti, è quello relativo alla dimensione dell’omoaffettività. Solitamente quando un racconto o un film riguarda persone LGTBQ+ emergono sempre questioni all’estremo, il disagio o la devianza sociale, il sesso spesso compulsivo e privo di dimensione affettiva, in linea con uno stereotipo che vorrebbe gli omosessuali come ipersessuati. Qua, invece, la fisicità è data dal contatto tra le mani che vogliono toccarsi, l’abbraccio, forte ed intenso con cui Nick comunica i sentimenti che non riesce ad esprimere a parole, ed il bacio, come apici del rapporto sentimentale tra i due. Questa serie mette in evidenza gli aspetti positivi su quelli negativi, la dimensione dell’affettività e della complicità rispetto a quella meramente fisica e sessuale. Ci porta proprio a fondo delle dinamiche psicologiche e sentimentali che possono attraversare molte persone LGBTQ+
In conclusione, credo sia una delle serie a tema più riuscite di sempre che ha emozionato milioni di persone in poco tempo, non solo adolescenti o giovani. Per chi è meno giovane ha certamente risvegliato ricordi anche non piacevoli magari, messo in evidenza il tempo che è cambiato e prodotto un po’ di nostalgia o malinconia. Nei più giovani credo abbia rappresentato finalmente un passo in avanti, affinché ci sia una rappresentazione del mondo LGBTQ+ in cui chi vive quella condizione in età adolescenziale abbia finalmente un riferimento, un mondo in cui guardarsi e riconoscersi senza sentirsi fuori posto.
La sensazione che ho avuto è che la messa in scena abbia coinvolto i protagonisti veramente intimamente, come una sorta di momento di riflessione personale. C’era un di più, non era solo una recita. Questa è la sensazione che mi resta: di autenticità. Consiglio caldissimo: guardate Hearstopper! E fatemi sapere che ne pensate.